Quando le sostanze dannose messe al bando negli sport possono rivelarsi preziosi strumenti per lo sviluppo
di nuove terapie e cure per la vita di tutti i giorni dei cittadini

LE SOSTANZE ILLECITE

Estratto della Lista del Ministero della Salute

PRATICHE e METODI VIETATI IN GARA e FUORI GARA

M1. AUMENTO DEL TRASPORTO EMATICO DI OSSIGENODI IGENO
1) Processi che aumentano artificialmente la massa eritrocitaria.
Sono proibite le trasfusioni di sangue sia autologhe che eterologhe, salvo che per comprovate finalità
terapeutiche. È altresì vietata la trasfusione di soli eritrociti.
È proibita la somministrazione di Epoetina di qualsiasi tipo e di qualsiasi altra sostanza atta a produrre una
stimolazione eritropoietica.
È proibito l'uso di pratiche ipobariche/ipossiche
2) Trasportatori di Ossigeno (Carrier).
Sono proibiti l'uso di procedure, metodi e composti che consentono alla massa plasmatica di aumentare il
trasporto di ossigeno rispetto alle condizioni basali, ivi compresi:
Emoglobine modificate;
Poliemoglobine;
Emoglobine ottenute con tecniche ricombinanti;
Emoglobine coniugate;
Emoglobine microincapsulate;
Emoglobina destran-benzen-tricarbossilato (Hb-Dex-BTC);
Emoglobina bis-(3,5 dibromoscalicil) fumarato (alfa, alfa-HB);
Emoglobina - raffinosio;
Perfluorocomposti in grado di trasportare ossigeno, ivi compresi:
F-Tributilammina;
Fluosol DA 20 (Perfluorodecalina + perfluorotripropilammina);
Perfluorodecalina (Flutec PP5);
Perfluorottil Bromuro (C8F17Br);
Perfluorodiclorottano ( C8F16Cl2);
Dodecafluoropentano (DDFP);
Perfluorocarbossilato stabilizzato con microparticelle di Ag –
AgCO2 (CF2)n-CF3 con n = 10-12-14-16;
3) Modificatori allosterici dell'emoglobina.
È proibito l'uso di procedure, metodi e composti che consentono di modificare allostericamente l'emoglobina
al fine di aumentare il rilascio di ossigeno della stessa a livello periferico, ivi compresi tutti i modificatori
allosterici della serie RSR in particolare il composto RSR13 (efaproxiral), nonché la somministrazione di 2-3-
difosfoglicerato e di metil-acetilfosfato.

M2. MANIPOLAZIONE CHIMICA E FISICA
INTERVENTI SULLE CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE DEL SANGUE E DELLE URINE E DEI CAMPIONI BIOLOGICI
1) Utilizzo di sostanze che modificano artificialmente il pH, l'effetto tampone e/o il volume totale del sangue
(plasma expanders).
In particolare è proibita la somministrazione per infusione di tutte quelle sostanze che siano in grado di aumentare la volemia (anche per effetto osmotico), di modificare il pH e/o l'effetto tampone del sangue ivi
compresi:
Polimeri dei monosaccaridi, ivi compresi l’Amido idrossidietilato (HES) e il Destrano;
Gelatina;
Albumina umana;
Lattato soluzione di Ringer;
Acetato soluzione di Ringer;
Soluzioni ipertoniche di qualsiasi natura;
Soluzioni di bicarbonato Sodico ed altre soluzioni basiche;
Altre infusioni endovenose attuate pre- (12 ore), durante o post- (12 ore) competizione devono essere giustificate da urgenti finalità terapeutiche e certificate dal medico prescrittore.
2) Utilizzo di sostanze che alterano la composizione e le caratteristiche biochimiche del campione biologico.
È vietata altresì l'assunzione di tutte le sostanze che possano in qualsiasi modo alterare la normale escrezione urinaria di farmaci e/o mascherare l'eventuale assunzione di sostanze proibite per doping, ivi compresi:
Bromantan;
Vasopressina e derivati;
3) Manipolazione del campione biologico per alterarne la sua integrità.
Sia prima che dopo la raccolta del campione è proibito l'uso di procedure, metodi e composti che alterano o
sono indirizzati ad alterare l’autenticità, l'integrità, la validità dei campioni nonchè il regolare responso analitico, ivi incluse:
• l'immissione in vescica attraverso cateterizzazione di "urina pulita", soluzione fisiologica, acqua distillata e di ogni qualsiasi altro liquido che possa alterare sia la concentrazione che la composizione del campione stesso;
• l'addizione al campione di sostanze ossidanti (come Ipoclorito di Sodio. Perossido di Idrogeno) e di sostanze che comunque siano in grado di alterare la composizione quali/quantitativa del campione prelevato.
• È altresì vietata l'alterazione della concentrazione del campione tramite aggiunta di qualsiasi
solvente.

M3. DOPING GENETICO
È vietato il doping genetico o cellulare, che viene definito come l'utilizzo di geni, elementi di tipo genetico e/o
cellule che hanno la capacità di migliorare la performance atletica.

M4. ALTRI METODI E PRATICHE VIETATI
Sono proibiti procedure, metodi e composti capaci di esplicare effetti anabolizzanti, o di produzione e rilascio
endogeno di ormoni, ivi compresi gli omologhi e/o i derivati della serie delle "Ecdysteroides" e i peptidi di
qualsiasi origine in grado di svolgere le azioni di sopra indicate.

EFFETTI SULL' ORGANISMO

Roma - Settembre 2007,  Michele Tossani spiega gli effetti delle sostanze dopanti sull'organismo


In palestra e negli ambienti sportivi vengono usate come miglioratori di prestazioni.. ma sono vere e proprie bombe a orologeria per il nostro corpo. Ecco gli effetti collaterali.
Innanzi tutto occorre precisare che per doping si intende l'assunzione, da parte di un atleta, di sostanze proibite per migliorare le proprie prestazioni. Nella definizione di doping rientrano anche le manipolazioni degli elementi che costituiscono il corpo umano (per esempio l’aumento del numero dei globuli rossi).

Tra le sostanze più usate ci sono gli steroidi anabolizzanti che hanno caratteristiche simili agli ormoni sessuali maschili; il testosterone è il composto maggiormente usato.
Gli effetti negativi di queste sostanze sono molti e su più piani. In un studio condotto negli Usa nel 1993 tre psichiatri, Heather Schulte, Molly Joy Hall, e Michelle Boyer, hanno osservato nei pazienti dediti ad uso di steroidi anabolizzanti: violenza domestica, danni alla persona e raptus criminali. Per questo si parla non solo di danni fisici ma anche di conseguenze sociali per l’suo di steroidi. L'uso di anabolizzanti si associa alla percezione inadeguata del proprio corpo, ad un narcisismo esasperato e all'ansia da prestazione sportiva.

Spesso dosi di sostanze illegali sono contenute anche all’interno di normali integratori, in particolare nei prodotti provenienti dall’America o da altri luoghi al di fuori della giurisdizione della Comunità Europea. Attenzione quindi alle etichette. E ricordatevi di diffidare da chiunque vi offra sostanze per aiutarvi nella pratica sportiva o per ottenere un qualche risultato, fosse anche il vostro allenatore od un vostro amico. Spesso infatti, in palestra o in altri ambienti sportivi, queste sostanze possono girare e può capitare che ve ne vengano offerte alcune: rifiutatele! Nessun risultato merita di compromettere la vostra salute. Se non conoscete queste sostanze o questi integratori, parlatene sempre in famiglia e con un medico di fiducia.
Ecco un breve elenco di alcune delle sostanze dopanti più usate:

STIMOLANTI
Gli stimolanti (efedrina, caffeina) vengono usati per migliorare le prestazioni fisiche ed aumentare la competitività degli atleti.
Fra gli effetti collaterali dell’uso di stimolanti la letteratura ha accertato casi di infarto di miocardio e di tachicardia ventricolare anche in soggetti originariamente sani. Altri effetti sono cardiomiopatia, aritmie, insonnia, inquietudine, aggressività, turbe digestive, disturbi della sfera sessuale ed assuefazione

ORMONE DELLA CRESCITA (GH)
E’ una delle sostanze maggiormente usate per l’aumento rapido delle masse muscolari. Gli effetti collaterali sono: reazioni locali in sede di iniezione, mialgie, astenia, cefalea, artralgie, diabete mellito, manifestazioni acromegaliche estetiche, ipertensione arteriosa, cardiopatia ipertrofica .

INSULINA
Viene spesso utilizzata da persone sane come sostanza anabolizzante. Fra gli effetti ci sono il difetto di funzionamento del muscolo cardiaco, tossicità epatica, danni neuronali irreversibili, coma e morte.

AUTOEMOTRASFUSIONE
Si tratta di una pratica pericolossissima, utilizzata in particolare dai ciclisti, consistente nel prelievo del proprio sangue e nella reimmissione dello stesso all’interno dell’organismo. Il sangue reintrodotto mette il soggetto ad alto rischio di infarto, embolia, ictus.
Inoltre l’autoemotrasfusione introduce nell’organismo importanti quantitativi di ferro con il rischio che questi vadano a compromettere la funzionalità di organi quali fegato, milza, pancreas e reni.

In generale, l’utilizzo di sostanze dopanti produce effetti sulla sfera psichiatrica (dipendenza, depressione, aumento dell'aggressività, ictus cerebrale), sul cuore (crisi cardiache, aumento della pressione arteriosa), sul fegato (alterazione della funzionalità, cisti ematiche, tumori), sugli organi sessuali (ipogonadismo, infertilità, tumori alla prostata e alle mammelle). Altri effetti sono: per le donne l’assunzione di caratteristiche tipicamente maschili, come la voce profonda (irreversibile) e la crescita di peli sul viso (irreversibile); comparsa dell’ acne o peggioramento dei problemi di acne già esistenti; la ginecomastia, cioè lo sviluppo nell’uomo di ghiandole mammarie; lo shock anafilattico come reazione all’iniezione.

Prima di concludere va sottolineato che quello che conta, nella pratica sportiva, sia essa agonistica (cioè rivolta al raggiungimento di un risultato, come vincere una gara o una corsa…) sia essa amatoriale (come ad esempio l’andare in palestra per tenersi in forma…) non è il risultato in sé, ma la via che percorriamo per raggiungerlo. Quello che lo sport insegna, infatti, è la capacità di soffrire per raggiungere un risultato, di sudare, di apprezzare i sacrifici compiuti…”No Pain No Gain” dicono gli americani, cioè “nessuna sofferenza, nessun risultato”. Dare tutto quello che è possibile in allenamento, secondo i nostri limiti: questo è il bello dello sport! E vedrete che i risultati arriveranno e la soddisfazione di aver fatto tutto da soli sarà grande, così come crescerà la nostra autostima. Inoltre bisogna ricordare che lo sport è salute. Le medicine servono per curare le persone malate, non quelle sane.

PARERI CONTROCORRENTE

Ecco perchè secondo alcuni invece bisognerebbe sviluppare ulteriormente le sostanze che nel ciclismo sono usate per scopi "dopanti" in quanto permetterebbero alla scienza medica di risolvere molti problemi con i quali i medici devo confrontarsi ogni giorno.


Un piccolo focus sulle sostanze che potrebbero venire rivalutate: non più solo strumento di imbroglio ma anche mezzo di crescita e sviluppo


Gli stimolanti
Le amfetamine sono stimolanti del sistema nervoso centrale, come la cocaina e l'efedrina. In ambito medico, si è sfruttata la capacità delle amfetamine di inibire lo stimolo della fame per combattere l'obesità.
 
Gli anabolizzanti

Un tempo somministrati per favorire la sintesi delle proteine nei pazienti debilitati, gli ormoni anabolizzanti hanno visto crescere nel tempo la loro popolarità in ambito sportivo sino a diventare un "fenomeno di massa". Gli anabolizzanti vengono impiegati, a dosi molto elevate, per accrescere la massa e la forza muscolare, ma questi risultati sono riscontrabili solo in alcuni atleti e solo se vengono abbinati ad una dieta appropriata e ad un programma di allenamento controllato.
 

L'ormone della crescita
L'ormone della crescita stimola l'accrescimento fisiologico e viene somministrato ai bambini che, essendone privi (dalla nascita o per qualche malattia), presentano difficoltà di sviluppo.
Nell'adulto, l'ormone gioca probabilmente un ruolo fisiologico importante nel regolare la composizione corporea, con meccanismi di tipo anabolizzante. Queste proprietà, insieme al fatto che non è individuabile coi test di laboratorio, hanno reso l'ormone della crescita un farmaco di riferimento, soprattutto per gli atleti di alto livello e i culturisti. Gli studi hanno, però, chiaramente dimostrato che l'ormone della crescita non è in grado di aumentare il volume e la forza muscolare o la sintesi proteica in misura superiore a quanto ottenibile col solo allenamento intenso, né in adulti in buona salute né in atleti molto allenati.
 
Eritropoietina

In medicina, l'eritropoietina (EPO) e la più recente darbepoetina servono per curare alcune forme di anemia. L'ormone stimola, infatti, la produzione di globuli rossi da parte del midollo osseo, aumentando di conseguenza sia l'ematocrito (volume dei globuli rossi per unità di volume di sangue) che la concentrazione di emoglobina nel sangue. L'eritropoietina migliora la capacità del sangue di trasportare ossigeno, il combustibile che i tessuti utilizzano per bruciare gli zuccheri e quindi per ottenere più energia per le prestazioni muscolari e per aumentare la resistenza alla fatica.
 


Insulina

Com'è noto, i diabetici, che non la producono in quantità sufficiente, si autoiniettano l'insulina per abbassare la concentrazione di glucosio (uno zucchero) nel sangue e favorirne l'utilizzazione da parte dei tessuti. Poiché inibisce la degradazione delle proteine, l'insulina viene considerata da molti atleti come un ormone
anabolizzante.

CERTI RIFIUTI SI PAGANO CARO

Il doping è uno degli aspetti più pericolosi e negativi legati allo sport: oltre a minare alla base il concetto di sport come veicolo di valori positivi sia a livello fisico che psicologico, è una fonte di problemi, paure e delusioni non solo per chi ne fa uso, ma anche per quegli atleti che decidono nonostante tutto di rimanere puliti.
Ecco la testimonianza di una giovane ex ciclista, che da questo momento in poi chiameremo Cristina per rispetto della sua privacy, che dopo una brillante carriera che l’ha portata fino ai campionati mondiali si è vista chiudere tutte le porte in faccia per avere detto «no» al doping.

La crescita sportiva di Cristina è stata veloce quanto promettente.
«Ho iniziato a correre in bicicletta nel 1994, a 14 anni, e dopo un anno avevo già vinto la prima gara», racconta.
«Poi è stato un continuo girare per l’Italia con diverse squadre, con cui ho ottenuto numerose vittorie, fino a quando nel 1997 sono stata convocata ai Mondiali di Ciclismo in Sud Africa per la categoria juniores: è stata un’emozione incredibile».

Peccato che la gioia di Cristina sia stata offuscata da una grande amarezza. «Una volta arrivata in Sud Africa», confessa, «pochi giorni prima della gara il commissario tecnico della Nazionale Italiana e alcuni collaboratori hanno proposto a me e alle altre 6 ragazze della squadra di fare alcune punture con farmaci senza nome, dicendoci che erano solo vitamine. Era evidente però il contrario: si trattava di sostanze dopanti, anche se nessuna di noi sapeva esattamente quali. Io e un’altra ragazza abbiamo rifiutato, le altre 5 no».

Perché, le chiedo, sei convinta si trattasse di doping? «Quando ho chiesto cosa fossero quei farmaci mi hanno risposto solo che servivano per respirare meglio», dice Cristina, «ma quando una mia compagna di squadra, che aveva fatto le famose punture, è arrivata seconda davanti a me ho capito che qualcosa non andava: prima di allora non mi aveva mai battuta».

Ma non c’erano controlli medici prima della gara? «Sì», risponde Cristina, «ma chi somministra doping agli atleti sa il fatto suo: le concentrazioni sono studiate per sfiorare i limiti consentiti dalla legge senza superarli, e se questo non basta si ricorre allo scambio dei campioni di sangue e urina».

Come ci spiega Cristina, una volta entrati nel giro dello sport agonistico ci si accorge che queste cose sono all’ordine del giorno: tutti lo sanno, dagli atleti ai preparatori ai medici sportivi, ma nessuno interviene. «Del resto», aggiunge lei, «tacere è nell’interesse di tutti: degli atleti che diventano ricchi e famosi, degli allenatori che risplendono della loro fama e dei comitati nazionali che portano prestigio al loro paese».

Eppure riconoscere le ragazze dopate è tutt’altro che difficile: «hanno la muscolatura da uomo, la voce roca e una fitta peluria sul volto e sul petto, a causa degli ormoni della crescita e degli altri anabolizzanti. E corrono troppo veloce».
«Sia chiaro», aggiunge Cristina, «per raggiungere quei risultati bisogna comunque essere allenate, ma la differenza tra una prestazione pulita e una aiutata è evidente».

La delusione per Cristina è stata grande, e la speranza che si trattasse di una realtà limitata ai mondiali si è infranta presto. «L’anno dopo», dice, «ho partecipato ai Campionati Europei di ciclismo, e di nuovo la stessa situazione: punture miracolose, pillole senza nome e controlli pilotati», dice Cristina. «Io ho rifiutato di nuovo, e di nuovo sono stata battuta da atlete che, a differenza di me, avevano scelto la via del doping senza pensare alla loro salute».

«Per le straniere, poi, è ancora peggio: molte vengono da gravi condizioni di povertà, e per guadagnare soldi e abbandonare un paese oppresso sono disposte a tutto», aggiunge amaramente Cristina.
«Per noi italiane è diverso: nonostante i sacrifici e la fatica per arrivare in alto, siamo ancora libere di dire di no al doping e non mettere a rischio la nostra vita. Però certi rifiuti si pagano cari: nonostante le mie capacità e l’entusiasmo con cui ero stata lanciata all’inizio, l’anno dopo non sono stata riconvocata, e la porta del successo mi è stata sbattuta in faccia. In un mondo di cicliste dopate non potevo reggere la concorrenza senza doparmi io stessa, non potevo vincere e quindi agli sponsor non interessavo più. É stato allora che ho detto addio al ciclismo: ora il solo vedere una bicicletta mi fa schifo».

IL DOPING FA BENE

 POTREBBE EVITARE LA PARALISI


ERITROPOIETINA ANTI-PARALISI

Dal doping al Pronto Soccorso

“Al Niguarda l’Epo a chi subisce incidenti gravi”.

L’eritropoietina, detta semplicemente Epo, si avvia verso un nuovo impiego che le farà cambiare aria: dall’armadietto di sportivi poco onesti alla corsia del pronto soccorso, come intervento di emergenza su chi subisce un trauma alla spina dorsale.

La funzione dell’Epo, infatti, è produrre globuli rossi nel sangue; in caso di traumi spinali il farmaco, somministrato entro 8 ore dal trauma, dovrebbe contenere i danni al midollo spinale conseguenti sia al ridotto flusso di sangue che al processo infiammatorio.
Di qui la sua azione, importante per limitare i danni neurologici responsabili della paralisi. La sperimentazione è condotta nel nostro ospedale insieme con le principali Unità spinali di tutta Italia (Roma, Firenze, Torino, Verona, Perugia, Cagliari, Pietra Ligure e Sondalo).

Per la prima volta L’Epo viene impiegata sugli uomini per limitare la disabilità conseguente alle lesioni midollari.Finora le ricerche sono state condotte solo in laboratorio, sui ratti, ottenendo buoni risultati.”

Tratto da: Il Giornale di Niguarda




TERAPIA GENETICA

I recenti progressi ottenuti in ambito di terapia genica, aprono nuove ed interessanti prospettive per il trattamento delle diverse patologie; dal momento che le prime prove di terapia genetica sono state condotte con proteine strettamente correlate al doping (es. eritropoietina e ormone della crescita), il collegamento tra questa e lo sport è evidente.
Il timore è che la manipolazione genica possa essere applicata anche per cercare di migliorare la performance sportiva; in questo senso l'Agenzia Mondiale Anti-Doping (WADA) ha già provveduto, inserendo il doping genetico nella lista dei metodi e delle sostanze proibite.
In teoria, tutti i livelli di proteine presenti all'interno del nostro organismo possono essere modulati attraverso la terapia genica.
La conferenza sul doping genetico che si è tenuta nel marzo del 2002 da parte di WADA [Pound R, WADA 2002], e il "Congresso Europeo del lavoro sull'Armonizzazione e gli Sviluppi Futuri della Politica Anti-Doping" che si è svolto in Arnhem, Olanda, nello stesso anno, hanno dato la possibilità a scienziati, dottori, medici, governi, organizzazioni anti-doping e industrie farmaceutiche, di scambiarsi qualsiasi tipo di informazione sui risultati delle ricerche e dei metodi di rilevazioni riguardo questa nuova tecnica di doping.
A partire dal 1 gennaio del 2003 il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha incluso il doping genetico nella lista delle classi di sostanze e metodi proibiti [WADA, 2007]. Dal 2004 WADA si è presa la responsabilità di pubblicare la lista internazionale del doping, che viene aggiornata ogni anno. Il metodo del doping genetico incluso in questa lista è definito come l’uso non terapeutico di cellule, geni, elementi genetici o della modulazione dell'espressione genetica, con lo scopo di migliorare le prestazioni atletiche.
Questo articolo si propone di:
  1. chiarire se in ambito sportivo sia effettivamente possibile fare uso delle sempre maggiori conoscenze derivanti dalla terapia genica, ramo nuovo e promettente della medicina tradizionale;
  2. identificare le possibili vie nelle quali la terapia genica possa essere utilizzata al fine di incrementare la performance.
In passato, hanno trovato spazio nel mondo dello sport anche quei farmaci che si trovavano ancora in una fase sperimentale di ricerca; per questo motivo, sia l'Agenzia Mondiale Anti-Doping (WADA) che il Comitato Internazionale Olimpico (CIO) hanno espresso le loro preoccupazioni.
"Gli atleti non sono nati tutti uguali": questa è la citazione del Sir Roger Bannister, il primo uomo che ha percorso il miglio in meno di 4 minuti. Persone dalle diverse origini etniche possono
essere in vantaggio sulle altre, basti pensare ai corridori dell'Africa Occidentale che dominano le corse di breve distanza, oppure agli atleti dall’Africa Orientale che vincono la maratona; d'altra parte, i caucasici dominano nelle competizioni di nuoto.
In quest'epoca di genetica e genomica, sarà possibile individuare i geni che determinano la predisposizione genetica di una persona per uno sport specifico [Rankinen T at al., 2004]. Lo studio dei geni in età giovanile, può rappresentare il modo migliore per poter sviluppare un grande atleta a partire da un bambino e per creare uno specifico programma di personal training. Tale studio applicato agli atleti può essere altresì utilizzato per individuare specifiche metodologie di allenamento con lo scopo di incrementare la predisposizione genetica per quel tipo di allenamento [Rankinen T at al., 2004].
 
Ma lo studio dei geni darà come risultato atleti migliori? Marion Jones e Tim Montgomery sono stati entrambi campioni di velocità sui 100 metri, nell' estate del 2003 hanno avuto un bambino. Anche Steffi Graf e Andre Agassi (entrambi numero uno nei mondiali di tennis) hanno dei figli. Questi bambini molto probabilmente saranno favoriti rispetto agli altri, ma esistono anche altri fattori, come quelli ambientali e psicologici, che determineranno o meno la possibilità che essi diventino dei campioni.
La terapia genica può essere definita come il trasferimento di materiale genico nelle cellule umane per il trattamento o la prevenzione di una malattia o disfunzione. Tale materiale è rappresentato da DNA, RNA, oppure da cellule geneticamente alterate. Il principio della terapia genica si basa sull'introduzione all'interno della cellula di un gene terapeutico per compensare il gene assente o sostituire quello anormale. Generalmente viene utilizzato il DNA, il quale codifica per la proteina terapeutica e viene attivato quando raggiunge il nucleo.
" La maggior parte degli atleti assume farmaci " [De Francesco L, 2004]. Un'indagine del Centro di Ricerca dei Farmaci ha concluso che meno dell'1% della popolazione olandese ha assunto almeno una volta prodotti dopanti, per un totale di circa 100.000 persone. Il 40% di queste persone utilizza doping da anni e la maggior parte di esse svolge allenamenti di forza, o body building. L'uso di sostanze dopanti nello sport d'elite sembra essere maggiore dell’1% indicato per la popolazione generale, ma la cifra esatta non è conosciuta. La percentuale di atleti d'elite che risulta positiva ai controlli antidoping ha oscillato tra l'1,3% e il 2,0%  negli ultimi anni [DoCoNed, 2002].
La definizione di doping genetico formulata da WADA lascia spazio a delle domande: cosa significa esattamente non terapeutico? Potranno essere ammessi alle gare quei pazienti con disfunzioni muscolari curati attraverso la terapia genica? La stessa considerazione vale per i pazienti affetti da tumore che sono stati curati con la chemioterapia e che ora ricevono il gene EPO codificante l’eritropoietina per velocizzare il recupero della funzionalità del midollo osseo.
Le ricerche attuali di terapia genica vengono condotte anche per rendere più veloce il processo di guarigione di una ferita, oppure per alleviare il dolore di natura muscolare dopo un esercizio; tali pratiche possono non essere considerate da tutti  come "terapeutiche" e le loro proprietà di miglioramento della performance possono essere messe in discussione.
Dal punto di vista clinico sarebbe più opportuno specificare meglio la definizione di doping genetico, soprattutto alla luce di un uso improprio delle tecnologie di trasferimento genico.
WADA (sezione M3 del Codice Mondiale Anti-Doping (versione 1 Gennaio, 2007) ha giustificato il divieto del doping genetico attraverso i seguenti punti: a) prova scientifica, effetto o esperienza farmacologica provati, che le sostanze o metodi inclusi nella lista hanno la capacità di aumentare le prestazioni sportive; b) l' uso della sostanza o del metodo causa un rischio, vero o presunto, per la salute dell'atleta. c) l'utilizzo del doping viola lo spirito dello sport. Questo spirito è descritto nell'introduzione del Codice con riferimento a una serie di valori come l'etica, il fair play, l'onestà, la salute, il divertimento, l'allegria e il rispetto delle regole.
Esistono molte incertezze in merito agli effetti a lungo termine legati alla modificazione di geni; molti di questi effetti potrebbero anche non essere mai scoperti, o perché non studiati approfonditamente (a causa di problemi finanziari), o perché è difficile definire campioni affidabili per lo studio degli effetti collaterali di metodi o di applicazioni completamente nuovi.
Al contrario delle terapie sulle cellule somatiche, le alterazioni delle linee germinative sono permanenti e vengono trasmesse anche alla prole. In questo caso, oltre al possibile rischio per la salute degli atleti, esistono pure dei rischi nei confronti di terzi, come posteri, genitori o partner.
Nel campo della farmacogenetica, il cui sviluppo dipende dagli sforzi combinati di scienza e industria farmaceutica, l'obiettivo principale è quello di sviluppare la medicina "fatta su misura" per ciascuno di noi. Com'è ben noto, molte medicine hanno un effetto completamente diverso a seconda di chi le assume, ciò è dovuto al fatto che il loro sviluppo è generico e non tiene conto delle caratteristiche genetiche individuali. Se la farmacogenetica dovesse diffondersi nel mondo dello sport, l'idea stessa della competizione tra atleti apparentemente uguali e che si preparano secondo modalità più o meno comparabili, potrebbe diventare obsoleta.
I dati clinici sperimentali della terapia genetica hanno dimostrato risultati molto incoraggianti in pazienti affetti da immunodeficienza combinata grave [Hacein-Bey-Abina S et al., 2002] e da emofilia B [Kay MA, et al. 2000]. Inoltre, la terapia angiogenica attraverso i vettori che esprimono il fattore della crescita dell’endotelio vascolare per la cura delle malattie delle coronarie ha dato buoni risultati in angina [Losordo DW et al., 2002].
Se si utilizzasse il trasferimento di geni codificanti i fattori di crescita tissutale [Huard J, Li Y, Peng HR, Fu FH, 2003] il trattamento dei diversi danni associati alla pratica sportiva, come per esempio la rottura dei legamenti, oppure lo strappo muscolare, potrebbe in teoria risultare in una migliore rigenerazione. Questi approcci vengono ora valutati su modelli animali, ma nei prossimi anni sicuramente verranno attivati anche studi clinici sugli esseri umani.
Nel 1964, lo sciatore della Finlandia Settentrionale Eero Mäntyranta rese inutili gli sforzi degli avversari vincendo due ori olimpici ai Giochi di Innsbruck, in Austria. Dopo alcuni anni, è stato dimostrato che Mantyranta era portatore di una rara mutazione nel gene per il recettore dell’Eritropoietina che, compromettendo il normale controllo a feed-back sul numero dei globuli rossi, determina policitemia con conseguente aumento del 25-50% nella capacità di trasporto dell'ossigeno. Aumentare la quantità di ossigeno ai tessuti significa incrementare la resistenza alla fatica. Mäntyranta aveva quello che vuole ogni atleta e che può fornire l'EPO. Atleti del futuro potrebbero essere in grado di introdurre nell’organismo un gene in grado di mimare l’effetto della mutazione genica occorsa naturalmente a Mäntyranta e favorevole alla performance.
Il fattore di crescita insulino-simile (IGF-1) viene prodotto sia dal fegato che dal muscolo e la sua concentrazione dipende da quella dell' ormone della crescita umano (hGH).
L'allenamento, suggerisce Sweeney, stimola le cellule precursori dei muscoli, chiamate 'satelliti', ad essere piu' recettive a IGF-I [Lee S. Barton ER, Sweeney HL, Farrar RP, 2004]. Applicare questo trattamento agli atleti significherebbe rafforzare i muscoli brachiali del tennista, il polpaccio del corridore, o i bicipiti del pugile. Tale terapia si pensa possa essere relativamente più sicura rispetto l'EPO, dato che l’effetto è localizzato solo al muscolo bersaglio. È probabile che tale approccio venga applicato anche alle persone già a partire dai prossimi pochi anni.
Una isoforma del fattore di crescita insulin-like-1 (IGF-1), il fattore di crescita meccanico (MGF), viene attivata da stimoli meccanici, come per es. l’esercizio muscolare. Questa proteina oltre a stimolare la crescita del muscolo, ha un importante ruolo nella riparazione del tessuto muscolare leso (come accade ad esempio dopo un allenamento intensivo o una competizione).
MGF viene prodotto nel tessuto muscolare e non circola nel sangue.
VEGF rappresenta il fattore di crescita dell’endotelio vascolaree può essere utilizzato per facilitare la crescita di nuovi vasi sanguigni. La  terapia con VEGF è stata sviluppata per produrre
 
bypass coronarico in pazienti con cardiopatia ischemica, oppure per aiutare le persone anziane colpite da arteropatia periferica. Geni che codificano per VEGF possono promuovere la crescita di nuovi vasi sanguigni consentendo un maggiore apporto di ossigeno ai tessuti.
Finora, sono stati fatti esperimenti di terapia genica per malattie come l'ischemia cardiaca [Barton-Davis ER et al., 1998; Losordo DW et al., 2002; Tio RA et al., 2005], oppure l'insufficienza arteriosa periferica [Baumgartner I et al., 1998; Rajagopalan S et al., 2003]. Se queste cure fossero applicate anche agli atleti, ne risulterebbe un incremento del contenuto di ossigeno e nutrienti ai tessuti, ma soprattutto la possibilità di posticipare l'esaurimento del muscolo, sia cardiaco, che scheletrico.
Dal momento che VEGF viene già utilizzato in molti studi clinici, il doping genetico sarebbe già possibile!
Il normale differenziamento della massa muscolo-scheletrica è di fondamentale importanza per la corretta funzionalità dell'organismo; tale funzione è resa possibile grazie all'azione della miostatina, una proteina responsabile della crescita e del differenziamento dei muscoli scheletrici.
Essa agisce come regolatore negativo, inibendo la proliferazione delle cellule satelliti delle fibre muscolari.
Dal punto di vista sperimentale, la miostatina viene usata in vivo per inibire lo sviluppo del muscolo in modelli Mammiferi differenti.
La miostatina è attiva sia con meccanismo autocrino che paracrino, sia a livello del muscolo-scheletrico che cardiaco. Il suo ruolo fisiologico non è ancora del tutto chiaro, anche se l'utilizzo di inibitori della miostatina, quali per esempio la follistatina, provocano un aumento drammatico e assai diffuso della massa muscolare [Lee SJ, McPherron AC, 2001]. Tali inibitori possono migliorare la condizione rigenerativa in pazienti che soffrono di malattie gravi come la distrofia muscolare di Duchenne [Bogdanovich S et al., 2002)].
La miostatina appartiene alla superfamiglia dei TGF beta ed è stata rivelata per la prima volta dal gruppo di Se-Jin Lee [McPherron et al., 1997]. Nel 2005 Se–Jin Lee, della Johns Hopkins University ha messo in evidenza che topi privati del gene della miostatina (topi knock out) sviluppano una muscolatura ipertrofica.
Questi supertopi erano capaci di salire le scale con grossi pesi attaccati alla coda. Durante lo stesso anno, altri tre gruppi di ricerca hanno dimostrato che il fenotipo del bovino chiamato comunemente “doppio-muscolo” era dovuto ad una mutazione del gene codificante la miostatina [Grobet et al., 1997; Kambadur et al., 1997; McPherron & Lee, 1997].
Recentemente è stata scoperta una mutazione del tipo omozigote mstn -/- in un bambino tedesco che ha sviluppato una straordinaria massa muscolare. La mutazione è stata indicata come l'effetto dell'inibizione dell’espressione della miostatina nell'uomo. Il bambino ha sviluppato bene i muscoli alla nascita, ma crescendo aumentava anche lo sviluppo della massa muscolare e all'età di 4 anni era già in grado di alzare pesi di 3 chili; esso è figlio di un ex atleta professionista e i suoi nonni erano conosciuti come uomini moltoforti.
Le analisi genetiche della madre e del figlio hanno rivelato una mutazione del gene della miostatina con il risultato di una mancata produzione della proteina [Shuelke M et al., 2004].
Sia nel caso degli esperimenti condotti sul topo dal gruppo di Se-Jin Lee, che in quello del bambino, il muscolo era cresciuto sia nella sezione traversa (ipertrofia) che nel numero di miofibrille (iperplasia) [McPherron et al., 1997].
Il dolore è una spiacevole esperienza sensoriale ed emozionale associata ad un danno tessutale reale o potenziale e descritta in termini di tale danno [iasp]. Per la sua sgradevolezza, l’emozione del dolore non può essere ignorata ed induce il soggetto che la prova ad evitare gli stimoli (nocivi) che ne sono responsabili; questo aspetto configura la funzione protettiva del dolore.
Nello sport, l’impiego di potenti farmaci antidolorifici potrebbe portare gli atleti ad allenarsi e gareggiare oltre la normale soglia del dolore.
Questo può provocare considerevoli rischi per la salute dell’atleta, poiché la lesione può aggravarsi considerevolmente, trasformarsi in una lesione permanente. L'utilizzo di questi farmaci può altresì portare l'atleta a dipendenza psico-fisica dagli stessi.
Un'alternativa ai calmanti legali del dolore potrebbe essere quella di usare peptidi analgesici come le endorfine o le encefaline. Le ricerche precliniche sugli animali hanno dimostrato che i geni che codificano questi peptidi hanno un effetto sulla percezione del dolore infiammatorio [Lin CR et al., 2002; Smith O, 1999].
La terapia genica per alleviare il dolore è però ancora lontana dalla sua applicazione clinica.
Attualmente, la terapia genica viene somministrata ai pazienti in ambienti ben controllati e i vettori utilizzati per il trasferimento genico sono prodotti in laboratori certificatati dove vengono ampiamente testati. Se la terapia genica fosse usata per migliorare le prestazioni atletiche, è molto probabile che questi ambienti (controllati) non esisterebbero, cosicchè i rischi aumenterebbero considerevolmente.
Utilizzare farmaci o geni in grado di migliorare la performance, presenta sempre un certo rischio, in quanto essi vengono studiati per curare le persone malate e non per aumentare le prestazioni di quelle sane come gli atleti.
I rischi generali per la salute derivanti dalla terapia genica sono di diverso tipo e dipendono dal
vettore utilizzato (DNA, sostanze chimiche, virus, ecc) e dal transgene codificato.
Fino ad oggi le ricerche cliniche sono state relativamente sicure [Kimmelman J, 2005]. Sono stati curati più di 3000 pazienti e soltanto uno di questi è morto per malattia cronica al fegato e overdose di vettore [Raper SE et al., 2003]. In altri tre pazienti, curati per la sindrome da immunodeficienza, si sono sviluppati sintomi simili alla leucemia [Hacein-Bey-Abina S et al., 2002] e uno di questi è morto. Da allora, altri gruppi di ricerca hanno curato simili pazienti con risultati terapeutici analoghi, senza alcun effetto collaterale [Cavazzana-Calvo M. Fischer A, 2004]. In questo caso, le ricerche mirano a curare pazienti con vettori che non potranno essere mai utilizzati per aumentare le prestazioni.
Le persone che tentano di aumentare i propri livelli di EPO in maniera innaturale, aumentano anche la probabilità di andare incontro ad infarto, o episodi cerebrali acuti. L'aumento dei globuli rossi determina anche un aumento della densità del sangue che può provocare trombi; non è sbagliato quindi pensare che le reazioni avverse evidenziate nei pazienti, possano verificarsi anche negli atleti sani.[Lage JM et al., 2002].
Se l'EPO fosse introdotta geneticamente, il livello e la durata della produzione di eritropoietina sarebbero meno controllabili, cosicché l'ematocrito avanzerebbe quasi indefinitamente, fino ad arrivare a livelli patologici.
Si ipotizza che la cura con IGF-1 possa portare alla crescita di tumori ormono-dipendenti.
È di cruciale importanza quindi, che l'utilizzo di vettori farmacogeneticamente selezionati abbia un modello di espressione genica ben conosciuto e controllato.
Non sono state ancora stabilite con esattezza le modalità di rilevazione del doping genetico, anche perché il DNA che si trasferisce con la terapia genica è di origine umana e quindi non diverso da quello degli atleti che ne fanno uso.
Le terapie muscolari sono confinate al sito di iniezione o al tessuto nelle dirette vicinanze, quindi, la maggior parte delle tecnologie geniche sui muscoli non potranno essere rilevate attraverso le classiche analisi anti-doping dei campioni di urina o di sangue; sarebbe necessaria una biopsia muscolare, che però risulta troppo invasiva per poter essere concepita come normale mezzo di controllo anti-doping.
Molte forme di doping genetico non richiedono l'introduzione diretta di geni nell’organo desiderato; il gene dell’EPO, per esempio, può essere iniettato in una qualsiasi parte del corpo e produrre localmente la proteina che poi entrerà in circolo. Cercare il punto di iniezione dell' EPO, sarebbe come cercare un ago nel pagliaio!
Nella maggior parte dei casi pero, il doping genetico darà come risultato l' introduzione di un gene esatta copia di quello endogeno ed in grado di dare origine ad una proteina completamente
identica all’endogena nelle sue modificazioni post-traduzionali.
Una pubblicazione recente indica che è possibile rilevare una differenza tra la proteina innata e il prodotto della terapia genica sulla base del diverso modello di glicosilazione nei diversi tipi di cellule, rimane solo da vedere se questo è il caso di tutti i tipi di doping genetico [Lasne F et al., 2004].
Le autorità pubbliche e le organizzazioni sportive, incluso il Comitato Olimpico Internazionale, hanno condannato il doping già a partire dagli anni ’60. I recenti progressi fatti con i farmaci biologici avranno un grosso impatto sulla natura delle medicine prescritte ai pazienti, e cambierà anche la scelta dei farmaci utilizzati per migliorare le prestazioni atletiche.
La terapia genica è autorizzata esclusivamente per la sperimentazione clinica di prodotti di terapia genica somatica nell'uomo, escludendo tassativamente la possibilità di considerare proponibile qualsiasi tipo di terapia genica della linea germinale umana.
La proibizione del doping genetico da parte dell'Agenzia Mondiale Anti-Doping (WADA) e delle federazioni sportive internazionali fornisce una base forte per la sua eliminazione nello sport, ma dipenderà anche da come verranno accolte le varie regolamentazioni da parte degli atleti.
La maggior parte degli atleti non ha abbastanza conoscenze che gli permetta di capire pienamente il potenziale effetto negativo del doping genetico. Per questo motivo sarà molto importante che essi ed il loro staff di supporto siano ben istruiti, in maniera tale da prevenirne l'uso. Gli atleti devono essere altresì coscienti dei rischi legati all'utilizzo di doping genetico quando usato in strutture non controllate, senza però compromettere quelle che sono le infinite potenzialità offerte dalla terapia genica ufficiale per il trattamento di patologie gravi.
L’industria farmaceutica è ben cosciente delle possibilità e dei rischi derivanti dall'uso di doping genetico e vuole collaborare allo sviluppo di ricerche per la rilevazione di prodotti genici presenti nei propri farmaci. Essa dovrà preferibilmente sottoscrivere un codice nel quale si impegna a non produrre o vendere mai, per nessun motivo, prodotti genetici ad uso non terapeutico.
È stato intervistato un numero limitato di persone provenienti da diverse discipline della scienza e dello sport, in maniera tale da farsi un’idea sulla nozione ed il possibile impatto del doping genetico su di esse. Fra gli intervistati c'erano tre dottori sportivi, un farmacista, quattro atleti d'elite e cinque scienziati provenienti dall’accademia e dall'industria farmaceutica; ecco le domande:
  1. Le è familiare il termine doping genetico?
  2. Cosa significa secondo lei questo termine?
  3. Lei crede in un miglioramento della performance attraverso l'uso di doping genetico?
  4. Quali sono, secondo lei, i rischi per la salute associati all'uso di doping genetico?
  5. Il doping genetico viene già utilizzato, o lo sarà solo in futuro?
  6. Sarà facile rilevare il doping genetico?
Dalle varie risposte, risulta chiaro che la gente non proveniente dalla comunità scientifica ha poche conoscenze in merito all’uso di questa terapia; un timore comune è che la terapia genica possa influenzare la prole, oppure causare tumori. Le persone credono che la rilevazione del doping genetico sarà complessa e le misure preventive difficili. D’altra parte, tutti insistono sul fatto che il doping genetico sarà usato dagli atleti non appena disponibile e che ciò avverrà nei prossimi pochi anni.
I professionisti che circondano gli atleti d'elite sono molto preoccupati per l'eventuale utilizzo del doping genetico e raccomandano l’istruzione dei propri atleti e del proprio staff medico di supporto, a sostegno dello sviluppo di ricerche preventive di misurazione antidoping. Questi professionisti sono convinti che il problema dell'applicazione del doping genetico agli atleti si presenterà entro i prossimi pochi anni e che la sua rilevazione sarà alquanto difficile.
Il mondo dello sport prima o poi si troverà di fronte al fenomeno del doping genetico; il numero esatto degli anni che dovranno trascorrere perché ciò accada è difficile da stimare, ma si può ipotizzare che ciò succederà a breve, nei prossimi anni (Olimpiadi di Pechino 2008 o al massimo in quelle successive).
Dal ciclismo al sollevamento pesi, dal nuoto al calcio e lo sci, tutti gli sport potrebbero trarre vantaggio dalla manipolazione genetica: basta selezionare il gene che migliora il tipo di prestazione richiesta! [Bernardini B., 2006].

L'ATLETA NATURALE E L'IDEALE DEL "FAIR PLAY"

"Far riferimento alla vacua antitesi naturale/artificiale formulando la definizione di doping è pertanto problematico ed inutile. L’atleta naturale, in contrapposizione a quello artificiale costruito con metodiche dopanti, è infatti una figura puramente ideale. Non è certo naturale vivere per allenarsi e gareggiare come fanno gli sportivi professionisti; addestrarsi per sviluppare abilità psicomotorie talora a dir poco insolite".   (Stefano Canali, Rivista di Scienze e storia, 2001)

In generale, determinare il confine tra artificiale e naturale è un compito tanto arduo quanto vano. L’applicazione di questa dicotomia a casi concreti, come la questione del doping, apre infatti più problemi di quanti riesca a risolverne. Ciò perchè i termini della contrapposizione mutano nella storia e hanno significati differenti nelle diverse culture in quanto rappresentano giudizi di valore e non elementi meramente descrittivi.

In particolare poi, quando questi termini sono applicati all’analisi dell’uomo e dei suoi comportamenti l’antitesi naturale/artificiale diviene ancora più vaga ed indistinta, si perde in una infinita dialettica circolare. Come essere naturale, come prodotto della variazione genetica e della selezione naturale, l’uomo perde il suo carattere naturale quando l’evoluzione biologica porta alle strutture organiche, alle capacità comportamentali da cui emerge la cultura. La dimensione non naturale, ovvero artificiale, della vita umana è un effetto, una conseguenza del percorso evolutivo naturale. Paradossalmente, quindi, nell’uomo l’artificiale è una caratteristica naturale. Tesi questa legata ad un punto di vista naturalistico che l’etologo Konrad Lorenz in L’altra faccia dello specchio ha esposto con un categorico ma discutibile postulato antropologico: «l’uomo per sua natura è un essere culturale».

Tuttavia, un elemento certo si osserva nella storia naturale e culturale dell’uomo, al di là delle difficoltà epistemologiche e delle aporie che si generano quando si tenta di precisare le contrastanti dimensioni del naturale e dell’artificiale. Forse il tratto evolutivo più caratterizzante dell’essere umano è la tendenza al controllo e alla manipolazione del proprio corpo, dei propri comportamenti e degli stati psicologici. Una inclinazione che nella storia si è trasformata via via in capacità effettive sempre più sviluppate ed efficaci e che allo stesso tempo dà conto della forza e della straordinaria creatività con cui l’uomo sviluppa ed elabora la cultura stessa. La tendenza al controllo e alla manipolazione del corpo e della mente costituisce infatti l’elemento centrale di numerose e fondamentali realtà antropologiche tra cui l’esperienza e la pratica medica; l’uso di farmaci e sostanze psicoattive; gran parte delle espressioni rituali e delle tecniche di comunicazione col sacro; le forme di addestramento alla caccia, alla guerra ed anche alcuni aspetti dell’educazione; l’uso del corpo - quindi della sua forma manipolata - come strumento di identificazione, riconoscimento e comunicazione sociale. Quest’ultimo è un fenomeno che dalle culture primitive o altre si attesta nella nostra epoca senza soluzione di continuità. Per fare solo alcuni esempi: dalle tecniche di manipolazione delle ossa (soprattutto il cranio) e dei tratti del volto (lobi delle orecchie, labbra) proprie di alcune culture africane alla chirugia estetica, al body building della moderne società occidentali ed occidentalizzate; dai tatuaggi al piercing in modi praticamente immutati nel tempo storico e nello spazio geografico.

Far riferimento alla vacua antitesi naturale/artificiale formulando la definizione di doping è pertanto problematico ed inutile. L’atleta naturale, in contrapposizione a quello artificiale costruito con metodiche dopanti, è infatti una figura puramente ideale. Non è certo naturale vivere per allenarsi e gareggiare come fanno gli sportivi professionisti; addestrarsi per sviluppare abilità psicomotorie talora a dir poco insolite. Il sacrificio dell’adolescenza all’allenamento intensivo però non è ritenuto doping. E non è parimenti naturale usare attrezzature sportive ipertecnologiche (scarpe, biciclette, mute per nuotatori, racchette da tennis) come quelle oggi divenute comuni. Tuttavia, la scoperta di espedienti tecnologici che facilitino l’esecuzione di gesti sportivi, ad esempio il passaggio nelle biciclette dai telai di acciaio a quelli di alluminio e poi di titanio, non è certamente bollata come doping. Le proteine sono sostanze endogene ma non è assolutamente naturale, anche se ritenuto non dopante, il loro consumo in forma pura, con polveri, compresse come avviene normalmente nella dieta di molti sportivi. Anche il testosterone è una sostanza endogena, un ormone, ma innaturale - e in questo giudicata anche illegale - la sua assunzione in forma di preparato farmaceutico. Al contrario, l’elettrostimolazione per il potenziamento dei gruppi muscolari, non endogena e artificiale, non rientra nelle tabelle delle pratiche dopanti.

In maniera ancor più radicale, se naturale può dirsi la tendenza umana al gioco e all’attività motoria certamente non naturale quanto piuttosto culturale e storicamente recente la pratica e le competizioni sportive del mondo occidentale. Del resto molte attività sportive si realizzano attraverso regole e attrezzature difficili da immaginare in natura, si pensi ad esempio al badmington, al golf, al football americano, ma anche al ciclismo, per non parlare degli sport motoristici. Lo sviluppo delle scienze e della medicina dello sport inoltre sta spostando progressivamente la competizione dai campi di gara ai laboratori di chimica, fisiologia, psicologia e biomeccanica come supporti essenziali al servizio della preparazione dell’atleta.

La differenza tra atleta naturale ed atleta dopato è dunque una questione di strutture regolatorie della cultura, materia storica della giurisprudenza sportiva.