Quando le sostanze dannose messe al bando negli sport possono rivelarsi preziosi strumenti per lo sviluppo
di nuove terapie e cure per la vita di tutti i giorni dei cittadini

ATTORI DEL DOPING

Padova- agosto 2010, Doping e ciclismo: un’altra estate difficile

Il ciclismo italiano sembra non trovare pace, l’inchiesta antidoping della Procura di Padova resa pubblica durante lo svolgimento dell’ultimo Tour de France, è solo l’ultima di una lunga serie di inchieste contro il doping nel ciclismo. Tra coloro che risultano iscritti nel registro degli indagati di questa inchiesta, vi è un nome eccellente del ciclismo di casa nostra, lo spezzino Alessandro Petacchi, maglia Verde all’ultimo Tour de France. Petacchi interrogato dai Carabinieri si avvalso della facoltà di non rispondere, vedremo come proseguiranno le indagini e come la posizione di Petacchi sarà considerata. Intanto la Procura Antidoping del Coni ha deciso di vederci chiaro in questa storia e ha convocato il corridore per il 24 agosto prossimo. Petacchi rischia tanto per quel che concerne la giustizia sportiva, visto l’aggravante di una sua precedente squalifica, conseguenza di una eccessiva presenza dell’antiasmatico salbutamolo, nelle analisi effettuate durante il Giro d’Italia 2007. Occorre dire che molti hanno sollevato dubbi su tale squalifica, poiché la non negatività di Petacchi sembra essere dipesa più da una leggerezza che da una furbizia. Detto del caso Petaccchi, l’estate del ciclismo italiano deve fare i conti con un altro caso spinoso, il caso Pellizzotti, la maglia a Pois del Tour 2009 è stata fermato dall’attività agonistica alla vigilia dell’inizio dell’ultimo Giro d’Italia a causa di valori anomali presenti nel suo passaporto Biologico. L’Ufficio di Procura Antidoping del Coni ha chiesto per lui una squalifica di due anni, si attende la decisione del Tribunale Antidoping del Coni. Passando alle note liete, le posizioni di Alessandro Ballan, Damiano Cunego e Mauro Santambrogio, nell’inchiesta della procura di Mantova venuta alla luce la scorsa primavera, non sono risultate essere contrarie alle leggi sportive e giudiziarie, anche se alcune conseguenze la vicenda le ha comunque provocate. Ballan non ha potuto disputare le classiche del nord, gare a cui lui per’altro teneva moltissimo, così come il compagno di squadra Santambrogio, a causa di una discutibile sospensione da parte della loro squadra, ovvero la Bmc. La notizia però più triste dell’estate per il ciclismo italiano è la conferma della cancellazione della medaglia d’argento olimpica di Pechino di Davide Rebellin, da parte del Tas di Losanna. Ricordiamo che Rebellin era risultato positivo al Cera in un controllo effettuato in seguito alla competizione olimpica di Pechino. Ricordiamo anche che Rebellin si è sempre proclamato innocente e per questo aveva effettuato un ricorso contro la decisione di togliergli la medaglia olimpica, ricorso che però è stato rigettato dal tribunale di Losanna. Vicenda grave, poiché l’Olimpiade è la competizione sportiva che più dovrebbe rappresentare i valori di lealtà è correttezza. Se il ciclismo italiano deve fronteggiare diversi casi di doping o presunti tali, anche gli altri paesi hanno i loro casi di illeciti sportivi. Aleajandro Valverde uno dei corridori spagnoli più rappresentativi sta scontando una squalifica di due anni per il coinvolgimento nell’Operaciòn Puerto, quella per intenderci che ha portato alla squalifica di Ivan Basso, mentre si susseguono le accuse di doping nei confronti di Lance Armstrong da parte dei suoi ex compagni di squadra, che potrebbero gettare un’ombra su i successi dell’americano. Il doping è sicuramente il primo male del ciclismo odierno, è giusto che chi sbaglia paghi, è però anche giusto che coloro che scontano la loro pena possano rientrare nel circuito senza creare scandalo. Vedi i casi di Ricco e Basso. Il ciclismo fatica a trovare tranquillità anche se non bisogna perdere la speranza per un ciclismo pulito, per rispondere così in maniera positiva ai legittimi dubbi dei tanti appassionati di questo sport.

Paolo Cugnata

PROTAGONISTI DEL DOPING

SEOUL - Alcuni casi alle olimpiadi e un braccialetto per dire di no

Di Luca, Torri e il Doping Legalizzato




Un primo incontro con il doping penso sia stato alle Olimpiadi dei 1988: Seoul, orari impossibili, Ben Johnson il canadese di origine giamaicana che quando percorre i cento metri dalla partenza al traguardo muove i suoi muscoli che sembra una locomotiva. Uomo che nella finale batte Carl Lewis con irridente facilità facendo segnare al cronometro un tempo stratosferico, 9,79, eguagliato solo dieci anni dopo da un altro Canadese Donovan Bailey, ottenuto alzando un braccio.

Ben Johnson però è trovato positivo a tre diversi tipi di steroidi e la sua favola finisce.

Doparsi, assumere sostanze proibite per migliorare le proprie prestazioni sportive, pratica molto diffusa che ha fatto emergere scandali su scandali ma nessuno se n'è mai troppo interessato fin quando non ha colpito sport più popolari causando danni anche gravi agli atleti.

DOPING TRA I CERVELLONI

La pratica del doping sembra oramai destinata ad allargarsi anche alle sfere più impensabili della nostra società: infatti dopo lo scandalo nel ciclismo e nell' atletica ecco che anche gli scienziati e gli intellettuali fanno "coming out" e dichiarano i benefici e talvolta la necessità ad assumere sostanze stimolanti
Di seguito il serizio del TG1 sull' argomento


IL DOPING DI OGNI GIORNO


Doping: siamo proprio sicuri di non utilizzare anche noi sostanze dopanti?

A cura della Dottoressa Annalisa Subacchi

Ormai la parola doping è diventata di uso comune nel vocabolario italiano. Ogni giorno la tv ci parla di atleti trovati positivi al doping: si parla di doping per ciclisti, calciatori, maratoneti, body builder... insomma per la maggior parte degli atleti. Tuttavia non dobbiamo pensare che le sostanze dopanti siano così lontane dalla nostra vita quotidiana: infatti, anche noi nel nostro piccolo utilizziamo sostanze che crediamo innocue, e che invece ci danno energia e potenza al pari delle stesse sostanze dopanti. Anche un semplice medicinale acquistato in farmacia o al supermercato, se assunto in un contesto particolare è considerato doping, altrimenti è legale; in ogni caso è sempre una sostanza legata al doping.
sostanze dopantiPrima di tutto diamo una definizione della parola in questione: doping (o drogaggio) è l'uso (o abuso) di sostanze o medicinali con lo scopo di aumentare artificialmente il rendimento fisico e le prestazioni dell'atleta. Il ricorso al doping è un'infrazione dell'etica dello sport.
Diverse sono le origini della parola: "dop", bevanda alcolica usata come stimolante nelle danze cerimoniali del sud Africa. Un'altra ipotesi sostiene che il termine derivi dalla parola olandese "doop" (una salsa densa) che entrò nello slang americano per descrivere come i rapinatori drogassero le proprie vittime mescolando tabacco e semi di stramonio, che causa allucinazioni, sedazione e smarrimento. Con gli anni '90, "dope" veniva riferito alla preparazione di droghe che miglioravano la prestazione delle corse dei cavalli.
Ogni volta che pensiamo a sostanze dopanti, l'attenzione torna a farmaci come amfetamine, dopamina ed eritropoietina. Eppure anche noi, nel nostro piccolo, siamo dei "dopati cronici".
Il semplice caffè, per esempio, è una sostanza dopante. Il caffè, infatti, aumenta la pressione arteriosa, è un eccitante, provoca insonnia, tachicardia ed aumenta la diuresi ed il metabolismo basale. Può interagire anche con l'assorbimento di certe sostanze alimentari. Basti pensare per esempio al ferro, che è mal assorbito nell'organismo se viene assunta troppa caffeina. Inoltre ricerche scientifiche hanno dimostrato come il consumo di caffè porti ad un aumento del colesterolo totale (0,08 mmol/l per ogni tazza di caffè (100 mg di caffeina), in quanto il caffè  bollito presenta 1-2 grammi di grassi in più rispetto al caffè filtrato).
Altre sostanze spesso utilizzate nel quotidiano sono rappresentate dagli anestetici locali come per esempio bupivacaina, lidocaina, mepivacaina e procaina, sostanze affini alla cocaina presenti spesso in creme utilizzate per prevenire dolori o pruriti; in commercio si possono recuperare queste molecole all'interno di cerotti, gel, creme e spray nasali. Sostanze, quindi, che qualsiasi individuo, sano, ha consumato almeno una volta nella propria vita.
Anche i diuretici sono considerati sostanze dopanti nell'ambito sportivo. Infatti, queste sostanze aumentano la velocità del flusso urinario e la secrezione di sodio, accoppiato spesso al cloro a formare il cloruro di sodio (sale da cucina), che quando è trattenuto in maniera eccessiva nel sangue è responsabile di gonfiori e ritenzione idrica. Tuttavia l'abuso di diuretici, anche nella vita quotidiana, a lungo termine porta ad una perdita eccessiva di questi ioni, fino - in casi estremi - a collasso e morte. Spesso utilizzati durante le diete ipocaloriche, proprio per diminuire la ritenzione idrica,  i diuretici, anche se venduti liberamente, dovrebbero essere assunti solo sotto stretto controllo dello specialista. In casi estremi di assunzione, per esempio per chi pratica body building a livelli estremi, solitamente il diuretico è somministrato prima di un'esibizione per mettere in maggior rilievo la muscolatura; tuttavia se l'atleta non è tenuto sotto stretto controllo medico si può incorrere in un'eccessiva diminuzione della pressione arteriosa, con shock, coma e morte.
Alcool: sostanza dopante in ambito sportivo e vietata per chi deve guidare, ma c'è sempre il detto "un bicchiere di vino al giorno leva il medico di torno". Vero?
L'alcool è presente non solo nel vino ma spesso  anche in alcuni prodotti da banco acquistabili  senza prescrizione medica, per esempio in alcuni inalatori o prodotti utilizzati come sedativi. A piccole dosi, come dice il proverbio, il vino, quindi l'alcool, è utile perché ricco di antiossidanti, polifenoli che trovandosi nelle bucce dell'uva durante la lavorazione del vino vengono trasferiti al prodotto finale; trattasi di sostanze capaci di neutralizzare i radicali liberi, molecole o atomi prodotti naturalmente dal nostro organismo, ma correlati ad invecchiamento precoce ed a varie malattie quando sintetizzati in maniera eccessiva. Ad elevate dosi l'alcool inibisce le sinapsi del sistema nervoso centrale e periferico; di conseguenza i nostri neuroni appaiono rallentati, in tal modo la continua somministrazione di alcool porta a perdite di coscienza fino a blocco cardiaco e morte (coma etilico).
Importante è capire con esattezza quello che ingeriamo, che sia una sostanza alimentare od un farmaco. Non pensiamo inoltre che prodotti "legalizzati" o meglio "liberi" da prescrizione medica siano più sicuri di un vero e proprio farmaco; infatti, stiamo sempre entrando in contatto con sostanze chimiche formate da molecole che potrebbero interagire negativamente con quelle del nostro corpo. Da qui l'importanza di evitare il "fai da te"; chiedete sempre l'appoggio e anche il consiglio di un professionista prima di ingerire sostanze particolari, perché come dice un noto aforismo: mangiare è una necessità, mangiare intelligentemente è un'arte. (La Rochefoucoult).

LE MOTIVAZIONI AL DOPING

Le cause sociali del doping sono rappresentate da tutte quelle forze che agiscono sulla mente di uno sportivo, partendo dal gruppo e dalle relazioni o, in modo più ampio, anche dalla società che ci circonda. Sempre più spesso, infatti, un forte stimolo al ricorso a sostanze dopanti è legato alle pressioni del gruppo, dei compagni di allenamento o di altre persone dell’ambiente sportivo, perfino di elementi dello staff o degli sponsors. Ancora più subdola è l’azione esercitata a livello psicologico dai modelli sociali di atleti di alto livello che, attraverso questo comportamento scorretto, sono riusciti ad entrare in classifiche ad alti livelli e ad entrare nel cuore dei tifosi.

1. LE MOTIVAZIONI AL DOPING
Il ricorso al doping è un comportamento deviante spesso plurimotivato.

Nell’ambito degli studi sul doping da steroidi, pubblicati dalla International Society of Sport Psychology (1993), Anshel ha effettuato una classificazione che può essere utile per analizzare la motivazione al doping in generale. Secondo tale suddivisione possono essere distinte 3 principali categorie di motivazioni che inducono gli atleti a ricorrere all’uso di sostanze dopanti:

a) CAUSE PSICOFISIOLGICHE

b) CAUSE PSICOLOGICHE ED EMOTIVE

c) CAUSE SOCIALI

Il primo tipo di motivazioni è strettamente legato alla volontà da parte di un atleta di controllare, attraverso sostanze farmacologiche, il dolore, l’energia e l’attivazione psicofisica, nonché dal desiderio di agevolare il controllo del peso o il processo di riabilitazione dopo un infortunio.

La seconda categoria di cause motivazionali che possono indurre gli atleti al doping è connessa con aspetti psicologici che possono riguardare soprattutto l’area dell’identità e quella dell’autostima. In particolare, infatti, gli atleti che ricorrono al doping possono essere spinti da paura di fallire, da sentimenti di insicurezza sulle proprie capacità, dal desiderio di essere competitivo o più semplicemente dalla ricerca di una perfezione psicofisica sovraumana.

A tal proposito, una ricerca condotta dal servizio “Telefono Pulito”, nel contesto del progetto “Tallone d’Achille” coordinato dal servizio di Medicina Sportiva dell’AUSL di Modena, ha messo in luce che i giovani più disponibili a fare ricorso al doping sono soggetti già propensi a comportamenti dipendenti da sostanze (uso di cannabis), con basso livello di autostima e fortemente tesi alla ricerca del consenso da parte del gruppo dei pari.

Un altro studio condotto nelle province di Frosinone e Latina (Basso Lazio), e di Napoli ed Avellino (Campania), da parte della Cattedra di Igiene dell'Università di Cassino e del Servizio di Medicina dello Sport della Seconda Università di Napoli, ha avuto lo scopo di valutare conoscenze, attitudini e comportamenti degli atleti italiani nei confronti del doping. Anche questo studio ha sottolineato l’elevata incidenza di cause psicologiche ed emotive tra le motivazioni al doping, con una prevalenza di coloro che credono sia importante vincere a tutti i costi e discrete percentuali di atleti che dichiarano che occorre vincere per soddisfare le aspettative di altri (allenatori, genitori, ecc.). Inoltre, oltre il 10% del campione considerato dichiara che assumerebbe farmaci per vincere o per migliorare le proprie prestazioni.

Le cause sociali del doping sono rappresentate da tutte quelle forze che agiscono sulla mente di uno sportivo, partendo dal gruppo e dalle relazioni o, in modo più ampio, anche dalla società che ci circonda. Sempre più spesso, infatti, un forte stimolo al ricorso a sostanze dopanti è legato alle pressioni del gruppo, dei compagni di allenamento o di altre persone dell’ambiente sportivo, perfino di elementi dello staff o degli sponsors. Ancora più subdola è l’azione esercitata a livello psicologico dai modelli sociali di atleti di alto livello che, attraverso questo comportamento scorretto, sono riusciti ad entrare in classifiche ad alti livelli e ad entrare nel cuore dei tifosi.

2. LE CONSEGUENZE DEL DOPING SULLA PERSONALITA’ E SUL COMPORTAMENTO DEGLI ATLETI

Le sostanze farmacologiche usate per migliorare le performances sportive, oltre a produrre gravi scompensi fisici, possono generare in un atleta rilevanti effetti a livello psicologico.

In particolare, le aree che sembrano più compromesse sono quella comportamentale, quella relazionale e quella motivazionale, con effetti che possono essere transitori o che possono dar luogo a disagi psicologici che possono protrarsi anche dopo la fine della carriera.

I cambiamenti psicologici che avvengono in seguito all’uso di sostanze dopanti sono stati studiati soprattutto tra i bodybuilders e suddivisi in tre gruppi, sulla base sia del criterio “durata dell’assunzione” che di quello dell’ “entità delle dosi”.

1° gruppo: effetti precoci: comprende stati di euforia ed altri cambiamenti dell'umore, caratterizzati da un aumento della fiducia in se stessi, dell'energia, dell'autostima, ed un incremento dell'entusiasmo e della motivazione. In tale fase diminuisce la stanchezza, migliora la capacità di sopportazione del dolore e spesso compaiono sintomi di iperattivazione come l’insonnia, l’aumento della libido, l’agitazione e l’irritabilità.

2° gruppo: effetti legati ad alte dosi: include perdita dell'inibizione e mancanza di giudizio, con umore instabile e maniacale.

3° gruppo: effetti dopo assunzioni prolungate: racchiude tendenza ad essere sospettosi, polemici, impulsivi e molto aggressivi. Talvolta, gli effetti comportamentali possono essere particolarmente intensi ed aumentare fino a sfociare nella violenza, ostilità, comportamento antisociale, generando la cosiddetta "roid rage" (rabbia da steroidi). In alcuni casi questa rabbia può portare ad azioni molto pericolose quali tentati suicidi od omicidi, a seconda che venga rivolta verso il Sé o verso gli altri.

Come è evidenziato dalla classificazione degli effetti psicologici degli steroidi, tali sostanze, come altri farmaci dopanti, possiedono grandi potenzialità di seduzione legate agli effetti psicologici positivi descritti nella prima fase dell’assunzione.

Tuttavia, la stessa classificazione sottolinea l’esistenza di altri effetti psicologici negativi che si evidenziano solo quando ormai l’assunzione è in fasi più avanzate. Tali conseguenze rappresentano un vero e proprio “effetto di rimbalzo” e generano un crollo di tutte le abilità che precedentemente ci si è illusi di possedere, comportando insonnia, diminuzione della libido, e della concentrazione ed un contemporaneo aumento dell'ostilità e di pensieri paranoici che tendono ad influenzare le prestazioni e la vita quotidiana. Non è rara in questa fase l’osservazione della comparsa o di un aumento dei conflitti relazionali e matrimoniali.

Inoltre, come insegna la psicologia del successo, le conseguenze psicologiche del doping sono anche connesse alla possibilità di subire accuse, derisioni e colpevolizzazioni da parte dell’opinione pubblica e dei tifosi di gruppi sportivi contrapposti, come è accaduto nel corso di inchieste antidoping, che hanno causato un crollo inesorabile dell’immagine pubblica (e dell’identità privata ad essa strettamente intrecciata) di atleti vincenti.

3. IL DOPING COME “DIPENDENZA”

Un aspetto psicologico relativo al ricorso al doping è la dipendenza.
La dipendenza da sostanze dopanti è stata studiata e rilevata da Brower e coll., che hanno riportano una casistica di 24 giovani maschi sollevatori di pesi non agonisti, che risultarono dipendenti, manifestando sintomi di astinenza (depressione e stanchezza) alleviati dall'uso di steroidi. In tale studio, la dipendenza fu evidenziata tramite questionari basati sui criteri che definiscono la “dipendenza da sostanze” nel "Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali" (DSM-IV).

In generale, i principali sintomi che mostrano la presenza di dipendenza dalle sostanze dopanti assunte, secondo i criteri del DSM-IV, sono:

• assunzione più elevata di quella progettata;
• desiderio di diminuire o controllare la dose, nonostante l'incapacità di farlo;
• frequenti intossicazioni o sintomi da astinenza in situazioni fisicamente pericolose;
• gran parte di tempo speso in attività correlate all’assunzione delle sostanze dopanti;
• l'uso continuato delle sostanze dopanti nasconde problemi causati o peggiorati dall'uso degli stessi;
• aumenta la tolleranza e quindi sono richieste dosi sovraterapeutiche sempre crescenti;
• si sviluppano sintomi d'astinenza quali depressione, stanchezza, cefalea e ritardi psicomotori;
• gli steroidi sono usati per alleviare o evitare i sintomi d'astinenza.

SPORT, DOPING E PSICOPATOLOGIA: CONFINI NON SEMPRE NETTI

 In certi casi lo sport stesso può essere considerato come una droga. La competizione sportiva compulsiva può essere paragonata a una forma di tossicomania per ragioni non soltanto fisiologiche ma anche psicologiche

A priori, lo sport e la droga non hanno assolutamente nulla in comune. Sono due mondi profondamente antinomici. La droga evoca l'idea di debolezza, di alienazione, di imbrogli, di decadenza, di depressione e di morte. Lo sport, al contrario, è sinonimo di forza, di dirittura morale, di superamento di se stessi, di lealtà, di potenza e di vita. Da sempre, la pratica dello sport è raccomandata per indurre lo sviluppo fisico e l'elevazione morale della personalità. Viene spesso proposta come mezzo di prevenzione dei comportamenti antisociali e dei rischi di tossicomania.
Ci sono volute le questioni relative al doping, estremamente pubblicizzate dai media, perché il pubblico realizzasse che esiste un legame importante tra questi due mondi.
In certi casi lo sport stesso può essere considerato come una droga. La competizione sportiva compulsiva può essere paragonata a una forma di tossicomania per ragioni non soltanto fisiologiche ma anche psicologiche.
La competizione sportiva compulsiva può essere paragonata a una forma di tossicomania per ragioni non soltanto fisiologiche (stimolazione della liberazione di endorfine) ma anche psicologiche.
Ricordiamo che l'esercizio fisico intenso aumenta anche la secrezione di prolattina, dei corticosteroidi e
dell'ormone della crescita; questi diversi ormoni, associati alle endorfine, possono modificare l'umore.
Se praticato in modo esagerato, lo sport è talvolta sintomatico dell'esistenza di un problema psichico.
Per i soggetti che soffrono di tali difficoltà, la tentazione di ricorrere al doping è forte e, in caso di pratica
prolungata, c'è un rischio notevole di cadere nell'uso di droghe sempre più potenti per riempire un vuoto e
compensare uno stato depressivo, legato in parte a disfunzioni neurobiologiche cerebrali indotte, a lungo andare, proprio dai prodotti dopanti.
La pressione del gruppo e la possibilità di notevoli guadagni possono spingere una gran parte degli atleti a ricorrere al doping. Soprattutto oggi che si può ordinare qualsiasi prodotto via Internet, tra cui gli steroidi
anabolizzanti, i corticosteroidi, i beta bloccanti, gli stimolanti del sistema nervoso centrale, ecc.
Per saperne di più al riguardo riportiamo di seguito il link che porta ad un articolo di di Jean Jacques Déglon che si è interessato del caso.
http://www.medicinatossicodipendenze.it/pdf/MDT%2028%20articolo%20Dglon1.pdf