Quando le sostanze dannose messe al bando negli sport possono rivelarsi preziosi strumenti per lo sviluppo
di nuove terapie e cure per la vita di tutti i giorni dei cittadini

NEWS IN PILLOLE DAL PASSATO

Ecco un piccolo excursus sugli articoli tratti dal sito sport.it rigurdanti non il presente ma il recente passato relativo all' uso e alla lotta al doping

 

PILLOLA 1

 Doping Pound: "Fissare limite di emoglobina"

Un elevato tasso di emoglobina può essere sintomo di doping, ma non è una prova. Inoltre molte federazioni internazionali di diversi sport hanno fissato limiti diversi. DUnque è necessario fare chiarezza. E' quanto chiede il presidente dell'Agenzia Mondiale Antidoping (Wada) Richard Pound: "Dobbiamo trovare un valore limite come per il testosterone. Quando si supera quel livello x, allora e' da considerare doping. Altrimenti tutto resterà molto vago e indefinito".


PILLOLA 2

Doping a tutto tondo

L'Uci promuove una ricerca sull'uso di doping. Non più semplice fatto medico, ma vero fenomeno sociale.

sport,medico,ciclismo,doping,angolo AP Marco Arceri 28/08/2006 Farmacologi, medici, sociologi e psicologi chiamati da tutto il mondo a parlare di doping. E' quanto ha in mente l'Unione ciclistica internazionale (Uci), che sta promuovendo uno studio sul doping e sulle motivazioni che spingono gli atleti a farne uso. Sconvolto dunque dall'ennesimo scandalo (prima l'operazione Puerta che ha coinvolto tra gli altri anche Basso e Ullrich, poi la positività di Landis), il mondo del ciclismo cerca di andare in profondità.

Determinante sarà anche il contributo di sociologi e psicologi. La ricerca, che inizierà in autunno, studierà l'incidenza delle pressioni commerciali e dei media sugli atleti, lo stress, la necessità di primeggiare, le spinte delle reti sociali che avvolgono i ciclisti (colleghi, allenatori, medici delle squadre, in alcuni casi anche parenti e amici). Si cercherà di studiare anche i rapporti sociali e le gerarchie interne ai team.

E per combattere il doping, non si esclude nemmeno di mutare il calendario ciclistico e renderlo più 'umano'. Magari venendo incontro alle capacità psicofisiche degli atleti, diminuendo le tappe delle corse e gli appuntamenti. Già poco prima di Ferragosto il presidente dell'Uci, Pat McQuaid, aveva annunciato un approccio globale al problema doping, da lui definito 'malattia': "Vogliamo comprendere questo fenomeno. Chiameremo i più grandi specialisti del mondo e terremo conto di tutti gli elementi: i calendari, la durata delle corse, la struttura e la gestione dei team, la pressione intorno al ciclista".


PILLOLA 3


Doping e sponsorizzazioni

Quale è il legame tra la caffeina e i dollari della Coca Cola?. Alcuni atleti rivelano di usare l'alcaloide per migliorarsi, la Wada pensa di rimetterlo tra le sostanze cattive, ma gli sponsor non stanno a guardare.

australia,nuova zelanda,mischia,rugby,mondiale Brian Stefen Paul/Gianluca Farina 19/05/2005 A distanza di soli 18 mesi dalla sua esclusione, la caffeina potrebbe tornare ad essere considerata sostanza dopante e quindi essere reinserita nella lista delle sostanze proibite redatta dalla WADA, l'agenzia mondiale antidoping. Prendendo infatti spunto dalle dichiarazioni fornite da diversi atleti, che hanno ammesso di aver assunto tavolette di caffeina alla vigilia di impegni importanti per migliorare le proprie prestazioni, la WADA sarebbe intenzionata a tornare sui propri passi, sebbene debba fare i conti con chi sostiene che una tale decisione avrebbe un impatto economico notevole sulle sponsorizzazioni, con una conseguente ricaduta negativa in termini economici.

Questo perchè tutte le aziende che producono bibite analcoliche che contengono la caffeina, che poi sono tra i grandi sponsor delle manifestazioni sportive, non vedrebbero certo di buon occhio il ritorno dell'alcaloide in questione tra le fila delle sostanze cattive.  Secondo Louise Burke, una dietista dell’Istituto Australiano dello Sport, proprio qui risiede l'ostacolo maggiore perchè la caffeina venga rimessa al bando: “È possibile che tutte le aziende che sponsorizzano eventi sportivi e mettono sul mercato prodotti che contengono caffeina, come ad esempio la Coca Cola Company, incontrino notevoli difficoltà. E viene da se che la perdita di sponsorizzazioni potrebbe avere implicazioni pesanti”.

La questione è nata quando diversi sportivi australiani , tra cui il campione del mondo dei superleggeri Kostya Tszyu e, soprattutto, il capitano della nazionale australiana, George Gregan, hanno ammesso di aver fatto uso di caffeina prima degli incontri, con finalità legate alla prestazione ed in accordo con i medici dell'Istituto Australiano dello Sport. "La caffeina può accrescere la performance del 7%" ha dichiarato il giocatore dei Wallabies.  Il direttore generale della Wada, David Howman, ha ammesso che l’agenzia è allarmata: “Il fatto ci preoccupa e ci da fastidio. Si tratta di una sostanza che credevamo non fosse usata per migliorare le prestazioni, se non altro perché servono almeno 12 tazze di caffè o capsule di caffeina per influire sulla pretazione sportiva. Ora  stiamo valutando quali sostanze inserire nella lista del 2006”.


 PILLOLA 4

Prima o doping

Prima il triatleta belga Rutger Beke, poi la ciclista colombiana Maria Luisa Calle Williams. Due atleti 'dopati' che tornano puliti.

rutger beke,beke,triatlon la redazione 20/10/2005 Prima il triatleta belga Rutger Beke, sospeso perchè trovato positivo all'Epo nel corso di una gara dalle parti di casa. Poi la ciclista colombiana Maria Luisa Calle Williams, bronzo olimpico di Atene, non più tale dopo il ritrovamento di tracce di una sostanza proibita e il relativo verdetto del Cio. Accanto a tanti atleti che senza soluzione di continuità terminano nelle maglie, non proprio strette, dell'antidoping, altri ritrovano la propria purezza in seguito ad un estenuante lavoro di riabilitazione per via legale.

E' il caso, appunto, della ciclista colombiana Maria Luisa Calle Williams, che ha riottenuto la medaglia di bronzo olimpica frutto del terzo conquistato nella corsa a punti femminile dei Giochi Olimpici di Atene 2004. Medaglia ritirata dal Comitato Olimpico perchè la corridrice era risultata positiva ad un controllo antidoping post gara. Decisivo il verdetto conseguito dalla Corte d'arbitrato per lo sport, che ha ribaltato la decisione presa a suo tempo dal Cio.

Secondo il nuovo giudizio, l'eptaminolo, questo il nome dello stimolante proibito in questione, era presente nelle urine della ciclista non per ingestione diretta quanto per trasformazione chimica dell`isometheptene, sostanza non inclusa nella lista di quelle proibite e presente in molti antistaminici per l`emicrania. Sostanza presente anche nel neo-saldina, medicinale prescritto dal medico della squadra colombiana come risposta al mal di testa che la Calle Williams accusava alla vigilia della prova olimpica.

Ed è anche il caso del triatleta belga Rutger Beke, restituito a nuova vita dopo un'estenuante battaglia condotta contro l'Agenzia Mondiale Antidoping. I fatti. Beke, trovato positivo all`eritropoietina al termine di una gara disputata in Belgio nel 2004, era stato sospeso dall'attività lo scorso marzo. L'atleta, che non aveva mancato in tute le sedi di denunciare la sua completa innocenza, ha infine trovato soddisfazione grazie al lavoro effettuato dalla commissione disciplinare dello sport belga. La quale, dopo aver effettuato i controlli del caso, è giunta a sostenere che le analisi a cui era stato sottoposto Beke risultavano imprecise.

Da qui, presa visione delle carte, la decisione della Wada di revocare la pena, 18 mesi di stop, inflitta al triatleta. Decisione che non ha comunque placato il diretto interessato che, fallita una trattativa con l'Agenzia Antidoping,  ha dato mandato al suo legale di chiedere un ingente risarcimento danni alla stessa (221.000 euro). Sotto accusa sono finiti anche i laboratori di Gent (Belgio) e Colonia (Germania), responsabili delle analisi svolte sui campioni di sangue del triatleta.


PILLOLA 5

Doping di regime

Prima della caduta del muro di Berlino, i dirigenti della DDR obbligavano gli atleti ad assumere sostanze dopanti. Ora questi ultimi chiedono i danni.

olimpiadi,doping,processo,ddr,germania est Brian Stefen Paul 29/04/2005 Prima della caduta del muro di Berlino, i dirigenti della DDR obbligavano gli atleti ad assumere sostanze dopanti per raggiungere successi a livello internazionale da sfruttare in chiave propagandistica. L’intenzione era di esportare all’estero l’immagine di una società sana e in costante sviluppo, capace di produrre di tutto, anche campioni di fama mondiale. Per quanto, però, si possa parlare dei progressi compiuti nel campo della scienza e, nella fattispecie, nel campo dei farmaci, l’uso di sostanze anabolizzanti spesso porta a tragedie e, a volte, alla morte.

Coloro che ancora la pensano diversamente dovrebbero riflettere sulle conseguenze devastanti che il doping ha avuto su diversi ex atleti della Germania Est, che soffrono di cardiopatie, disfunzioni epatiche e diverse forme di cancro. Naturalmente si parla di coloro che sono ancora in vita. A quasi 16 anni dalla caduta del muro vi sono esseri umani che ancora pagano le conseguenze di queste azioni. Molti campioni sono morti e quelli sopravvissuti sono affetti da diversi tipi di malattie: “Non mi riferisco a semplici disturbi che possono essere curati con un intervento chirurgico, ma di cancro, cardiopatie e cirrosi epatica” dice l’ex lanciatore Birgit Boese, costretto all’uso di anabolizzanti sin dall’età di 11 anni.

Le vittime di queste pratiche irresponsabili, che sono più di 160, hanno ora deciso di citare in giudizio la casa farmaceutica che produceva gli steroidi, la Jenapharm, chiedendo 3,2 milioni di euro in risarcimento. Il farmaco sotto accusa si chiama Oral-Turinabol  ma, dal suo canto, l’azienda sostiene di essersi sempre mossa nella legalità e con il consenso dell’allora regime e di non poter essere ritenuta responsabile. La Jenapharm è stata privatizzata nel 1991 e appartiene ora alla Schering. "Questa storia sa di periodo post-nazista, quando nessuno si voleva assumere la responsabilità dei crimini commessi. Ma chi potrà mai spiegare alla nuotatrice Catherine Menschner perché ha abortito sette volte e non è mai diventata madre?”, questo uno dei quesiti che Boese intende porre durante il processo.

L’avvocato degli ex atleti, Michael Lehner, si dice fiducioso del risultato ed è pronto a ricorrere anche alla giustizia europea: "Magari l’Oral-Turinabol era legale ma altri medicinali non lo erano. Era, inoltre, contro la legge non informare gli atleti sui rischi che si prendevano assumendo queste sostanze”. Secondo alcuni rapporti della Stasi, i famigerati servizi segreti della DDR, la Jenapharm forniva agli allenatori anche sostanze illegali, tacendo sui loro effetti collaterali.

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