Quando le sostanze dannose messe al bando negli sport possono rivelarsi preziosi strumenti per lo sviluppo
di nuove terapie e cure per la vita di tutti i giorni dei cittadini

PARERI NON SCIENTIFICI

L’argomento della legalizzazione del doping torna periodicamente alla ribalta, anche con toni molto accesi. In questo caso il pezzo è molto equilibrato e più che altro è uno sfogo, a mio avviso, di chi è impegnato nella lotta contro un fenomeno inarrestabile. Lo sfogo è perciò del tutto lecito e sicuramente non credo, leggendo il pezzo, che questa persona lo pensi veramente.

Personalmente, sono contrario alla legalizzazione del doping per una serie di motivi su cui mi soffermo.

Il primo è che il doping sia eticamente scorretto. Etica, morale, intese proprio come criteri di scelta fra “bene” e “male”. Pensiamo che il doping sia “male”? Allora va combattuto, e basta. Io non sono sempre un idealista, però penso che nella vita un po’ di ideali debbano esserci.

Lo sport dovrebbe essere un mezzo di miglioramento, di crescita, di raggiungimento dei propri limiti attraverso l’uso delle proprie risorse psicofisiche, qualcosa che dovrebbe andare al di là della semplice vittoria. Pur con tutte le comprensioni, e vi posso garantire che ho un livello di empatia immenso per il doping sportivo di cui comprendo a pelle tutti i motivi, il doping è una scorciatoia. Con il doping non c’è superamento dei propri limiti tramite le proprie risorse psicofisiche, perché c’è il boost. Vero che chi si dopa si fa dei culi assurdi, ma il punto è che anche l’accettazione dei propri limiti è una crescita: arrivare al massimo per se stessi. Il doping è solo oltre, sposta le potenzialità del singolo.

Perciò, se il doping è “male”, si combatte. Legalizzarlo lo rende “non male”, lo giustifica. E’ solo una sconfitta del Sistema. Attenzione, non sto giudicando moralmente chi si dopa, considerandolo un baro, un meschino o che altro perché i singoli casi sono da valutare, proprio perchè si parla di persone cioè individui unici ed inimitabili, perciò non categorizzabili: sto giudicando solo la sua legalizzazione.

Legalizzare qualcosa che non può essere battuto è sempre una perdita. Perché allora non legalizzare la Mafia, dato che non si può sconfiggere, eleggendo in parlamento qualche boss? Tutti ridono… Perché non condonare chi fa abusi edilizi, perché non si possono impedire? Ops… ma questo già si fa! E cosa accade? Che ci rimettono gli onesti. Che il cittadino, l’uomo della strada pensa che non valga la pena di essere corretto, che è meglio mettere in saccoccia quanto più si può. E’ quello che si chiama “degrado”: non occorre andare tanto in là eh… ma poichè è l’esempio ciò che conta, non è che legalizzando si farebbe del bene alle nuove generazioni…

A differenza di altri pezzi strombazzanti che si leggono sui giornali, in questo articolo viene evidenziato un punto importante: il doping fa male. Lo sport è sinonimo di salute, sebbene sia vero idealmente e un po’ meno nella pratica, però si tratterebbe di mettere nero su bianco che viene legalizzata una pratica che fa male allo sportivo.

Ok, ci sono tanti veleni legalizzati, il fumo, l’alcool e così via. Questo ragionamento è però della serie “il male minore” e c’è sempre un “male minore”. Ad esempio: meglio doparsi che bere, meglio bere che drogarsi, meglio drogarsi che passeggiare su un campo minato, meglio un campo minato che cadere dentro un’altoforno. Anche io preferirei farmi di dianabol che atterrare al centro di una colata di ghisa, ma ciò non toglie che il dianabol faccia male. Questo tipo di ragionamento è una giustificazione per qualsiasi cosa.

Infine, il punto che vorrei evidenziare, l’aspetto pratico. Chi è così sicuro che legalizzare il doping possa regolamentarne la diffusione dovrebbe provare a stilare un piano di dettaglio di come vorrebbe fare. Ci provo:

Sarebbe necessario creare un elenco di sostanze dopanti lecite, con dosaggi in funzione degli scopi, degli sport, delle prestazioni. Servirebbe una Scienza del Doping a livello universitario e di industria farmaceutica.

Sarebbe necessario identificare le categorie, i soggetti, le persone che dovrebbero dispensare questi farmaci: la creazione di strutture tipo quelle che gestiscono il metadone nelle ASL, con piani di fornitura, fornitori, ordini, prescrizioni, personale. Identificare sedi, luoghi, e così via.

Sarebbe necessaria la creazione di un elenco di atleti che fanno uso di questi farmaci ed un modo per impedire che possano diffonderli ad altri, con un sistema di controlli appropriato.

Principalmente, si dovrebbero fare gare natural e gare doped con esplicito elenco preventivo dei partecipanti e poi, a posteriori, fare dei controlli antidoping non per determinare SE l’atleta ha preso sostanze dopanti, ma SE i dosaggi e i farmaci siano quelli legali.

Ora: alla fine sarebbero necessari comunque i controlli antidoping, anzi, ne sarebbero necessari molti di più. Costi enormi a cui si sommerebbero quelli di tutto il resto della gestione. Costi immensi ed inutili: se legalizziamo il doping attuale e tutti sono a pari livello di bombe, i record avrebbero una impennata, ma poi di nuovo qualcuno troverebbe il modo di doparsi DI PIU’ prendendo di nuovo roba non legalizzata.

Perché il doping è un modo per vincere e per fare soldi.

Non solo: la soluzione è fallimentare perchè richiederebbe comunque un cambiamento culturale della visione di una attività in cui l’introduzione di costumi più idrodinamici, maglie da panca, bici con ruote lenticolari, pattini più lunghi è sempre visto come un andare oltre le umane possibilità. E poi, chi si iscriverebbe ad un registro di persone dopate?

Nessun commento:

Posta un commento